Giolitti, Crispi e Depretis

II° Rivoluzione industriale e colonialismo

Differenze sostanziali della II rivoluzione industriale con la prima:

  1. Carattere generale (interessa tutta l'Europa e non solo una nazione).

  2. Danneggiamento nei confronti dell'agricoltura (produzioni abbondanti per via dei nuovi territori disponibili e conseguente calo dei prezzi).

  3. Innovazioni tecnologiche (petrolio, elettricità, acciaio, telefono, motore a scoppio, telegrafo senza fili, dinamite, ricerca chimica, linee ferroviarie transcontinentali).

  4. Capitalismo finanziario (nascita di nuovi grandi istituti di credito per rendere disponibili maggiori capitali). Si creano nuovi contatti tra società:

    • cartelle: intese tra imprese che producono le stesse merci per fissare i prezzi;

    • trust: concentrazione di aziende legate ad un identico ciclo di produzione.

  5. Protezionismo invece di liberoscambismo (gli imprenditori nazionali volevano essere Tutelati con dazi verso l'esterno).

Cambiano le motivazioni che caratterizzavano il colonialismo infatti prima si colonizzava per avere materie prime e per far emigrare e lavorare la popolazione in eccesso; ora invece, oltre a questi motivi si aggiungono la creazione di nuovi mercati ove collocare le merci nazionali, la tutela degli investimenti con gli eserciti e l'ideologia di potenza.
Prima della nuova fase del colonialismo si intrapresero missioni esplorative in Africa, finanziate dai governi interessati ai territori (Livingstone, Stanley individuarono la sorgenti del Nilo, ecc…).
Ben presto agli scopi scientifici e umanitari si contrapposero quelli politici e militari. L'Inghilterra si impossessa dell'Egitto, della Somalia e della Nigeria. Tenta, ma non riesce, di occupare il Sudan.
La Francia occupa la Tunisia (per accordi di Berlino), gran parte del Congo e il Madagascar.
La Germania conquista il Camerun, il Togo e il sud-ovest dell'Africa. Nel 1885 Bismark convoca una conferenza sulla situazione africana e in particolare della parte restante del Congo. Quest'ultimo verrà dichiarato Stato libero, ma la sovranità apparterrà a Leopoldo II del Belgio.
Tra il 1894-1895 si ebbe una ripresa del colonialismo inglese e francese. Le loro mire espansionistiche finirono però per scontrarsi in Sudan, a Feshoda. Entrambe preferirono non combattere, per non avvantaggiare la Germania; i francesi si ritirarono, ma nacque tra le due potenze, un rapporto di distensione.
In Asia la situazione fu la seguente:

  • Francia: occupa l'Indocina.

  • Inghilterra: la Birmania, la Persia e il Turkistan, sui quali c'era l'attenzione della Russia.

Rimaneva insoluto il problema della Cina, nazione debole ma ancora autonoma.



Politica interna ed estera della sinistra

Con l'unificazione dell'Italia la destra aveva assolto i suoi compiti, adesso si sentiva bisogno di un rinnovamento, così nelle elezioni del 1874 la sinistra ebbe più voti. Il suo programma aveva come capisaldi la diminuzione delle imposte, la perequazione fondiaria e il decentramento. Caratteristica della sinistra sarà l'impegno democratico.
In Italia c'erano due sinistre: quella "Meridionale", formata da piccola e media borghesia artigianale e commerciale, proprietari terrieri, ceti professionali che si vedevano svantaggiati dall'unità; e quella "Settentrionale", formata da media borghesia.
Depretis (1875) propone il programma Stradella che principalmente si occupava dell'elettività dei sindaci, dell'istruzione elementare obbligatoria e dell'allargamento del suffragio.
Con Depretis come ministro, sembrava si stesse formando un sistema di governo all'inglese, bipartitico, che alternava i partiti al governo. Però, nel 1876, si sciolse la destra. Le motivazioni risiedevano nella:

  • fragilità della borghesia, dovuta alla mancanza di contrapposizione tra interessi diversi in una società industriale in espansione;

  • nella mancanza di partecipazione alla vita politica dei cattolici.

Al posto del bipartitismo, quindi, si formò il trasformismo, cioè l'aggregarsi al centro di larghissima parte della classe politica.
Agli estremi dei trasformisti si delineò una nuova destra (Di Rudinì) e un'estrema sinistra, che aveva tra le sue richieste il suffragio universale, la tutela dei diritti dei lavoratori, la libertà di associazione e la Repubblica.
Tra le riforme effettuate dalla sinistra una volta salita al potere ricordiamo:

  • Scuola elementare obbligatoria (rif. Coppino);

  • Soppressione tassa sul macinato;

  • Abolizione corso forzoso;

  • Riforma elettorale: votavano gli uomini con più di 21 anni con il biennio elementare o paganti almeno un'imposta annua di 19.80 lire;

  • Prime riforme sul lavoro: infortuni, sciopero, lavoro minorile e orari.

Nel frattempo gli industriali italiani chiedevano al governo di attuare provvedimenti protezionistici al fine di proteggere il già debole mercato interno dalle importazioni straniere.
Se da un lato nascevano sempre più nuove industrie (siderurgiche ed elettriche) e cantieri navali (Edison e Navigazione Generale Italiana), dall'altro le strutture di credito restavano arretrate.
Lo Stato così doveva sostenere lo sviluppo industriale, tassando i cittadini. Le maggiori entrate venivano dall'agricoltura e quindi dal sud, ma finivano al nord.
Contro il protezionismo si schieravano i proprietari terrieri che esportavano merci (agrumi, olio, vino) e l'industria tessile e meccanica (che importava materiali meno costosi e migliori).
Ma la crisi agraria dovuta al ribasso dei prezzi a causa dei prodotti importati, rese necessario il protezionismo, iniziando una guerra di dazi con la Francia.
I rapporti con la Francia si stavano incrinando. La politica estera doveva essere estranea alla colonizzazione per il principio di nazionalità risorgimentale.
La Francia invase la Tunisia, che subiva da sempre l'influenza italiana, e ciò ruppe definitivamente i rapporti tra le due potenze. L'Italia, ancora giovane non poteva rimanere isolate diplomaticamente, così il governo firmò la Triplice Alleanza con Austria e Germania, che impegnava le potenze a difendersi solo in territorio europeo.
Con l'adesione alla Triplice Alleanza, l'Italia ottenne la rottura dell'isolamento diplomatico e l'impegno dell'Austria a compensi territoriali in caso di sua espansione balcanica. Però l'alleanza con l'Austria sembrava sancisse una definitiva rinuncia a Trento, Trieste e all'Istria (si temeva il rafforzarsi di tendenze anti-parlamentari).
Sotto la pressione inglese, nel 1882 l'Italia acquista la baia di Assab e comincia la sua avventura coloniale (in contrapposizione ai principi risorgimentali). Se da un lato i latifondisti meridionali vedevano risolto il problema delle terre ai contadini, dall'altro era evidente l'impreparazione italiana dovuta sia alla mancanza di capitale e di industrie. Nel 1887 l'Italia tenta di conquistare l'Eritrea, ma a Dogali furono trucidati 500 soldati italiani.



Crispi: Riforma interna e colonialismo

Per Crispi, un modello da imitare era Bismark: egli ai valori risorgimentali aggiunge il conservatorismo e il nazionalismo. I punti cardine della sua riforma furono la nascita del nuovo Codice Penale e l'abolizione della pena di morte.
Tra le varie riforme che fece, sono da ricordare:

  • La nuova legge comunale e provinciale, che comprendeva l'elettività del sindaco.

  • Il nuovo codice penale che prevedeva l'abolizione della pena di morte e maggiori garanzie per i lavoratori (libertà di associazione, pensiero, sciopero).

  • L'inasprimento dei rapporti con la Chiesa e il conflitto doganale con la Francia.

  • Per tentare di risolvere i problemi relativi alla povertà nel mezzogiorno, riprende l'attività coloniale e firma il trattato di Uccialli con Menelik, in base al quale era riconosciuto il controllo italiano in Eritrea ed un ambiguo protettorato sull'Etiopia.

A causa della crisi economica cade Crispi e sale Giolitti (1892).
A sud intanto, prendono corpo i fasci dei lavoratori, che chiedevano un contratto di lavoro e una soluzione riguardante la questione dello zolfo siciliano, invenduto appannaggio di quello americano. Giolitti non interviene, neanche quando la situazione degenera in guerriglia.
A contribuire al suo declino interviene lo scandalo della Banca Romana, anche se in realtà anche Crispi ne fu colpevole. Travolto dallo scandalo, Giolitti si dimette e nel frattempo nasceva la Banca d'Italia.
Crispi tornò al governo con fare autoritario: represse nel sangue rivolte in Sicilia, tolse il diritto di voto a 800.000 persone e si attirò perplessità sul suo operato.
L'ambiguità del trattato con Menelik fece scoppiare una guerra che si concluse con la disfatta italiana ad Adua, nel 1896, e con le dimissioni di Crispi.



La crisi di fine secolo

Durante il governo di Di Rudinì destò scalpore l'articolo di Sonnino "Torniamo allo statuto", che diceva di dar meno importanza al parlamento, e che il governo era responsabile solo nei riguardi del sovrano, non del parlamento.
Un altro problema era la necessità dei cattolici a partecipare alla vita politica italiana.
Tra il 1897-1898 scoppiarono a Milano rivolte per il prezzo del pane: Di Rudinì mando il generale Bava Beccaris, che le represse nel sangue, e che fu addirittura insignito di medaglia. Fu scandalo e Di Rudinì si dimise.
Salì così al potere Pelloux che abolisce le leggi di Crispi (libertà di stampa, associazione, pensiero). Ma in parlamento le leggi liberticide non passano grazie all'ostruzionismo dell'opposizione, la quale si prende il consenso dell'opinione pubblica. Nelle elezioni del 1900 vista la sconfitta Pelloux si dimette e sale Saracco.
Nel frattempo viene ucciso il re Umberto I dall'anarchico Bresci che voleva vendicare i morti di Milano. Sale al trono Vittorio Emanuele III. A Genova viene sciolta la camera del lavoro, ma Saracco revoca lo scioglimento e si dimette. Il re affida il governo a Zanardelli che prende con sé Giolitti.

 

Origine delle teorie razziste e "L'affare Dreyfus"

Alcuni elementi avevano dato vita a teorie di razze superiori e inferiori, primo fra tutti la posizione egemonica che l'Europa aveva assunto nella storia degli ultimi secoli.
I primi autori che si espressero con queste opinioni furono Arthur de Gobineau ("Sull'ineguaglianza delle razze") e H.S. Chamberlain ("Fondamenti del XIX secolo").
Chamberlain stesso poi identificava la razza germanica come migliore dei suoi tempi, destinata ad espandersi nel corso del Novecento.
C'era però anche chi andava contro queste tesi, come Friedrich Meinecke, che scrisse un'opera liberale, "Cosmopolitismo e stato nazionale".
Nel frattempo nel mondo la conflittualità tra le potenze europee stava prendendo il potere ed il lungo periodo di pace era destinato ad essere interrotto.
Infatti sia a causa delle rivolte socialiste sedate nel sangue, sia per le guerre coloniali, le teorie razziste non erano altro che una manifestazione del disagio crescente europeo, un disagio che avrebbe portato gravi conseguenze.
Nel 1894 la Francia fu colpita da una grave crisi politica denominata "affare Dreyfus". Alfred Dreyfus era un capitano dell'esercito di origine ebraica che fu accusato di spionaggio senza reali prove a suo carico. Scoperta più tardi la frettolosità con cui era stato trattato l'affare, l'esercito e l'opinione pubblica nazionalista, supportati dal clero francese, si opposero ad una revisione del processo, per non danneggiare le istituzioni.
Contro di essi si scagliò il romanziere Emile Zola, con il suo celebre articolo "J'accuse", nel quale condannava tutte le più alte cariche militari di voler trattenere in carcere un innocente e soprattutto di voler attentare ai principi della legalità.


Tratto da www.anarchia.com